In quest’epoca buia, il nostro No a Berlusconi è un piccolo segnale di coerenza e integrità. Il ritiro del cavaliere dalla Corsa al Colle ha dimostrato quanto fosse debole e poco credibile la cosiddetta “operazione scoiattolo”, così definita proprio da Berlusconi stesso. Ovvero, poter convincere un numero sufficiente di grandi elettori del Misto per potersi garantire d’essere eletto con la maggioranza assoluta. Noi di Alternativa per esempio, ci siamo subito sottratti a questo gioco al nascondino, alimentato anche da equivoci e voci di corridoio giornalistiche che ci avrebbero additati come possibili sostenitori berlusconiani. Nulla di più falso. Nella più piena autonomia e trasparenza, abbiamo subito messo le cose in chiaro, individuando in condivisione con altri colleghi del misto, un candidato d’alto profilo come il Costituzionalista Paolo Maddalena sul quale far convergere i nostri voti. Qualcuno adesso nella maggioranza (a sinistra in particolare) si vanta di aver fatto naufragare il sogno del cavaliere. Ma in realtà, sono proprio quei voti del misto ad essere mancati. I saltacarristi e i pagliacci, non sono tra le nostre file, ma proprio tra quei partiti alleati che pensano di poter fare il bello e il cattivo tempo in tutte le partite e poi si trovano a farsi gli sgambetti a vicenda. Anche in quella più importante. Ma qual’è adesso lo scenario che si prospetta? Nel caos generato in questi ultimi mesi dalla pessima gestione dell’emergenza pandemica da parte del governo Draghi, con i contagi alle stelle e l’ennesima accelerata sulla compressione dei diritti e delle libertà giunta all’apice con l’obbligo vaccinale per gli over 50, anche sull’elezione del nuovo Capo dello Stato si sono addensati i nuovoloni. Un evento che sarebbe certamente solenne, da vivere con gioia ed orgoglio, se non ci trovassimo nel bel mezzo di una catastrofe economica e sociale e in uno scenario politico desolante col paese lacerato dalle divisioni, alimentate da una campagna d’odio mainstream contro chi non si allinea ai diktat governativi. Ancor più desolanti appaiono le schermaglie dei leader e leaderini di partito attorno a questa elezione imminente. Sintomo evidente di un paese malato fino al midollo in tutte le sue articolazioni. Chi sarà dunque il nuovo Presidente della Repubblica? Ce lo domandiamo tutti, ma a giudicare dalle manovre in atto da parte dei partiti, si fa strada qualche ipotesi inquietante. Non è un mistero il fatto che in tanti, soprattutto all’interno della maggioranza, auspichino una disponibilità di Mattarella a concedere il bis come fece a suo tempo il suo predecessore, Napolitano. Una forzatura a tutti gli effetti, anche dal punto di vista Costituzionale. Tuttavia i primi a tirare la giacchetta al presidente in carica, sono stati proprio i più acerrimi oppositori alla precedente deroga, i 5Stelle. Un tempo paladini della correttezza e del rispetto delle regole, oggi poltronisti incalliti pronti a tutto pur di mantenere in vita una legislatura moribonda e sgangherata. Almeno fino alla maturazione della pensione vitalizia che scatterebbe per tanti al primo mandato allo scadere dei 4 anni e sei mesi, nel settembre prossimo. Mattarella dal canto suo ha già declinato gli inviti. Ma sappiamo che in politica tutto è possibile e non ci meraviglierebbe un suo ripensamento dell’ultimo minuto per salvare capra e cavoli. Sull’altro fronte, è chiaro ormai a tutti che Mario Draghi, il tecnocrate irreprensibile, l’uomo di Bruxelles chiamato per ovviare alla crisi dei partiti con la benedizione di Mattarella e giunto a palazzo Chigi dipinto come un supereroe per traghettare il paese verso acque più calme fino a fine legislatura, si sia rivelato come era prevedibile, un uomo schivo e poco incline alla mediazione, ma soprattutto, molto sensibile alle lusinghe del potere. Ricordate quando si ventilava l’ipotesi che potesse essere nominato Pemier? Ebbene, lui stesso allontanava quelle ipotesi facendo intuire avesse ben altri interessi da coltivare.
Lui, il tecnico di ferro, quello dei conti perfetti a cui non interessava la politica. Invece poi, si fece trovare puntuale all’appuntamento per la nomina del nuovo governo tecnico dell’assembramento. La sua nomina sancì così Il fallimento della politica italiana e la resa al cospetto dei tecnici. Quelli bravi, pronti a ripercorrere i fasti e nefasti di Montiana memoria. Oggi siamo punto e a capo. Nel bel mezzo della crisi devastante che travolge il paese, complice la gestione fallimentare dell’esecutivo capitanato guarda caso proprio da Mario Draghi, ecco che l’uomo dei miracoli, il messia che non è riuscito a moltiplicare i pani e i pesci ma solo i contagi, si infila zitto zitto nella corsa al Quirinale. E lo fa con il solito atteggiamento sornione di colui che apparentemente è poco interessato ma che in realtà scalpita per occupare la poltrona più ambita. Diventare Presidente della Repubblica potrebbe essere per Draghi l’exit strategy perfetta! Un modo elegante e vincente per tirarsi fuori dal pantano da lui stesso creato. Poco importa se questa sua ambizione potrebbe porre fine alla legislatura o nella più comoda delle ipotesi per l’arco politico, far spazio ad un esecutivo fantoccio. Il commissariamento del commissariamento. Draghi al Quirinale e magari un suo ministro (tecnico) a palazzo Chigi. Sarebbe uno scenario comunque raccapricciante. L’ipotesi Draghi al Quirinale, un effetto comunque l’ha già sortito. Far saltare i nervi a chi gli aveva steso tappeti rossi per mettere insieme un governo d’unità nazionale ed ora se lo vede dinnanzi come diretto competitor alla presidenza della Repubblica. Stiamo parlando ovviamente di Silvio Berlusconi, colui che da tempo coltivava il sogno di terminare la propria carriera politica sul dorato e prestigioso scranno del Quirinale, senza farne un mistero. Il leader di Forza Italia ha mal digerito le ambizioni draghiane confidando invece in una sua prosecuzione dell’incarico come da accordi. Non bisogna mai dimenticare che Draghi debba molto proprio a Berlusconi che nel 1994, per la prima volta a capo del governo, lo confermò Direttore Generale del Tesoro. Nel 2005 appoggiò inoltre la sua candidatura come Presidente della Banca d’Italia e in seguito gli diede sponda anche nella corsa alla presidenza della BCE. Il loro rapporto di reciproca stima e collaborazione rischia oggi di essere minato proprio da ambizioni contrapposte. Il buon Silvio da par suo, aveva gia scatenato l’inferno dando vita ad una caccia spietata all’ultimo voto. La già citata e naufragata operazione “scoiattolo”. La ricerca spasmodica degli indecisi, soprattutto tra i grandi elettori del gruppo misto. Anche perché il centrodestra conta già da solo ben 452 voti e ne sarebbero bastati 52 per arrivare a quel fatidico traguardo che alla IV votazione, con la maggioranza assoluta, avrebbe potuto consegnare proprio a Berlusconi le chiavi del Quirinale. Ma il tentativo dell’ex Re del Bunga Bunga è già fallito, non solo per via dei pericolosi franchi tiratori all’interno della sua stessa coalizione che avrebbero potuto riservargli amare sorprese in piena votazione, ma anche proprio per il tentativo fallito di convincere i pochi parlamentari coerenti rimasti a fare opposizione a questo governo disastroso. Tra questi ci siamo orgogliosamente anche noi di Alternativa. Uscito di scena Berlusconi che si è dovuto ritirare ufficialmente dalla partita proprio ieri, sarà dunque una partita senza esclusione di colpi, mentre all’orizzonte si intravedono i soliti noti in attesa di “buone nuove”. Prodi, Casini, Amato giusto per citarne alcuni. L’unica cosa certa è che quella esigua opposizione da noi rappresentata, non si presterà ai giochini di questi personaggi in cerca d’autore. Oggi più che mai il paese ha bisogno di un Presidente della Repubblica che sia garante della Costituzione nel senso più stretto. Non voteremo nessuno che non corrisponda ad un alto profilo che incarni i valori che ci hanno portato ad essere oggi parlamentari della Repubblica. Noi questo profilo l’abbiamo già individuato e si chiama Paolo Maddalena.
Figura super partes e lontana da appartenenze politiche, Maddalena, ha messo al centro della sua opera di magistrato, di docente universitario e di giudice costituzionale la difesa dei beni pubblici e demaniali, della legalità, della sovranità popolare e della nostra Costituzione.
Siamo convinti che la trasparenza e la forza della coerenza rappresentino sempre la strada giusta. Nulla è scontato. Per questo Maddalena è il nome giusto. Non è detto che anche tra le file della maggioranza, nel silenzio dell’urna, non possa scattare un motto d’orgoglio. Chissà se il nostro candidato avrà un sostegno anche più largo del previsto. Noi non molleremo d’un centimetro, questo è certo.