Nel solo mese di aprile, la Russia ha realizzato un surplus di partite correnti della bilancia dei pagamenti di 37,6 miliardi di dollari. Per semplificare, è la differenza in valore tra il totale delle merci e dei servizi esportati e quelli importarti. Come si evince dal grafico elaborato da Robin Brooks dell’IIF, Institute of International Finance, si tratta di un valore oltre quattro volte superiore al surplus realizzato nello stesso mese degli anni precedenti.
Qualcosa non torna. Il Governo italiano, con Draghi e Di Maio in prima fila, e tutte le forze politiche presenti in Parlamento – ad eccezione di Alternativa – non hanno fatto altro che ripetere che le sanzioni alla Russia ne avrebbero distrutto l’economia, portandola al default. Il Rublo si sarebbero dovuto svalutare fino a diventare carta straccia, e i russi sarebbero insorti così contro Putin favorendo un cambio di regime. Il prezzo da pagare per ottenere tutto questo? Solo qualche grado in meno in inverno e qualche condizionatore spento in estate. Una pacchia.
Le cose, evidentemente, non stanno andando come ce le avevano raccontate. Mettiamo in fila un po’ di numeri:
I danni per noi. Il prezzo spot del gas, di cui siamo importatori netti e assolutamente dipendenti, è schizzato a livello record alla borsa di Amsterdam, facendo segnare i 92,80 €/MWh di media ad aprile scorso, contro i 20,50 €/MWh di aprile 2021. Un aumento significativo che grava interamente su famiglie e imprese.
Il petrolio Brent a maggio 2021 quotava intorno ai 35 dollari al barile, oggi un barile oscilla tra i 105 e 110 dollari. L’effetto di questa esplosione dei prezzi energetici si è riflettuta in un netto peggioramento del saldo commerciale italiano. Secondo i dati forniti da Banca d’Italia nei 12 mesi terminanti in marzo 2022 il surplus di conto corrente è stato pari a 27,2 miliardi di euro, in netto calo rispetto ai 62 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente. Il calo è dovuto quasi esclusivamente al peggioramento del deficit energetico, e continuando ai livelli dei prezzi attuali è molto probabile che l’Italia chiuderà il 2022 con un deficit delle partite correnti.
Ma la Russia non è solamente il principale fornitore di energia per il nostro Paese. Sono moltissimi i settori, specialmente per quello che riguarda le materie prime e i suoi derivati, dove Russia, Bielorussia e Ucraina primeggiano, con quote significative della produzione mondiale. Su tutti il grano, che negli ultimi mesi ha subito rialzi allarmanti, soprattutto alla luce del fatto che moltissimi Paesi a noi vicini – vedi l’Egitto e tutti i Paesi del Maghreb – si nutrono per buona parte con il grano proveniente da Russia e Ucraina. Non possiamo dimenticare come le famose “primavere arabe” ebbero inizio proprio a partire dagli aumenti del prezzo del grano verificatisi nei mesi precedenti.
E poi i fertilizzanti, di cui Russia e Bielorussia sono massimi produttori e senza i quali tutta la produzione agricola rischia di collassare: le sanzioni degli Stati Uniti sui fertilizzanti provenienti dalla Russia non sono durate più di venti giorni, prima che l’amministrazione a stelle e strisce si rendesse conto che si sarebbe trattato di un suicidio in piena regola.
Gli effetti sulla Russia. È chiaro che per la Russia non si tratta di un pranzo di gala, e gli effetti delle sanzioni si faranno sentire. Tuttavia, le cose non sembrano andare proprio come ci erano state raccontate. Del surplus della bilancia dei pagamenti si è detto. Certamente una parte importante di questo surplus dipende dal calo delle importazioni in Russia, ma gli aumenti dei prezzi di energetici e altre materie prime di cui la Russia è grande esportatrice hanno spinto al rialzo il volume degli introiti per Putin, determinando il surplus monstre e compensando in parte gli effetti negativi per gli altri comparti dell’economia.
Per rendere l’idea, basti pensare a Gazprom che ha chiuso il bilancio 2021 con un significativo utile netto di 28,4 miliardi di euro, in crescita di oltre 13 volte rispetto all’anno precedente. E per il 2022 si prospetta un’ulteriore crescita.
C’è poi il tema del rublo, destinato a divenire carta straccia nel giro di poche settimane, e che dopo una svalutazione durata qualche settimana ha ripreso vigore, finendo per essere la miglior valuta del 2022, in rialzo di oltre il 12% sul dollaro da inizio anno. Lo scorso gennaio per acquistare un dollaro erano necessari 75 rubli, a marzo poche settimane dopo lo scoppio della guerra erano necessari 139 rubli, oggi ne bastano 65.
Le variabili. C’è poi un fattore importante da considerare, ed è l’isolamento internazionale della Russia, che al momento di “internazionale” sembra avere molto poco. Cina e India, due economie in grande espansione e che sommate sfiorano i 3 miliardi di abitanti, non hanno aderito alle sanzioni a Mosca e sono pronte a sostenere Putin e a passare all’incasso. Come riportato da Reuters, ad aprile la Russia è diventata il quarto fornitore di petrolio dell’India, ingolosita dai prezzi scontati del greggio degli Urali, con una quota del 6% sul totale degli acquisti di petrolio dell’India, un valore pari a circa 277 mila barili al giorno, in netta crescita rispetto ai circa 66 mila barili di marzo. Secondo le stime, a maggio i barili di petrolio provenienti dalla Russia aumenteranno ulteriormente a 487 mila al giorno. La Cina dal canto suo non resta a guardare, e come riportato da Bloomberg ha intenzione di ricostituire le scorte strategiche di greggio con petrolio russo a buon mercato.
È chiaro che il quadro appare complesso e fosco. Valutare la situazione nella sua totalità e decidere cosa fare in base a quello che è l’interesse del popolo italiano richiederebbe onestà intellettuale e schiena dritta, due qualità che un Governo e una maggioranza prona ai diktat provenienti da Bruxelles e Washington non possono possedere. Mala tempora currunt.