Un embargo del petrolio proveniente dalla Russia, senza pianificare alcuna soluzione reale alternativa tra quelle sostenibili dal punto di vista ambientale, è una mossa scellerata che rischia di ripercuotersi in maniera devastante sui cittadini europei.
Il prezzo alla pompa della benzina potrebbe crescere enormemente e l’effetto finale potrebbe addirittura beneficiare la Russia, che incrementerà le proprie vendite verso quei Paesi nel mondo che non aderiscono alle sanzioni. Secondo quanto riportato da Bloomberg, l’Asia ha già superato l’Europa come primo acquirente di greggio russo e la scorsa settimana 79 milioni di barili di petrolio russo hanno salpato via mare verso Cina e India, contro i 27 milioni anteguerra.
D’altronde, che le sanzioni non stiano funzionando lo si era capito. Il Rublo sta segnando performance record, fregiandosi del titolo di miglior valuta del 2022, al punto che la Banca Centrale Russa si è potuta permettere di tagliare il tasso d’interesse all’11% (dal 20% dei primi giorni di guerra), a un passo dal 9% pre-guerra. L’inflazione appare tornata pienamente sotto controllo, proprio mentre da noi vengono toccati tassi che non si vedevano dagli anni ’70, e soprattutto del default tanto atteso non si parla più. Dal punto di vista dei conti con l’estero, la situazione ha del paradossale: secondo le stime, nel solo 2022 la Russia otterrà un surplus di oltre 200 miliardi di dollari, recuperando pertanto in pochi mesi quasi interamente l’ammontare di riserve valutarie congelate dalle sanzioni (circa 300 miliardi di dollari).
In tutto questo scenario, il Governo Draghi e la Commissione Europea insistono nel chiedere nuovi pacchetti di sanzioni che rischiano di essere nella migliore delle ipotesi inutili, e nella peggiore dannosi. Ambiente e cittadini saranno gli unici a pagare il prezzo più caro di questa assurda guerra. Il Governo Draghi metta da parte le proprie ambizioni belliciste, si fermi e per una buona volta porti ragionevolezza ai tavoli europei.