- Di Massimiliano Costantino Esposito
La Giornata Mondiale della Libertà di Stampa non ha senso, con Julian Assange rinchiuso in un carcere di massima sicurezza da quattro anni, mentre in Italia risultiamo essere al 41°posto per tale libertà fondamentale, nel 2022 eravamo al 58°posizione.
Si fa riferimento al 3 maggio in cui risale l’anniversario della Dichiarazione di Windolhoek, documento di pluralità, libertà ed indipendenza della stampa sancito da giornalisti africani nel 1991. L’assemblea generale dell’ONU ha sancito un’apposita giornata per la libertà di stampa facendo riferimento all’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948.
Nel frattempo Assange, in condizioni di salute sempre più incerte, scrive una lettera al nuovo Re d’Inghilterra:
“”Vi imploro, re Carlo, – si legge in conclusione – di visitare la prigione di Sua Maestà a Belmarsh, perché è un onore degno di un re. Quando inizierete a regnare ricordate sempre le parole della Bibbia di re Giacomo, che dice che sono beati i misericordiosi”.
Come già sottolineato, Assange non se la passa benissimo. Il mondo giornalistico occidentale ha fatto poco o nulla.
Scrivo, sapendo che in qualsiasi momento chiunque divulghi informazioni scomode potrebbe fare la sua stessa fine.
Inaccettabile per qualsiasi democrazia reale ed evoluta.
Non ce ne siamo dimenticati, di Julian Assange. Si scatenano guerre, mentre si sono fatti prigionieri cittadini liberi in tempo di pace.
Ricordiamo a tutti che il giornalista australiano Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, è recluso dall’aprile del 2019 nel penitenziario inglese di Belmarsh. Gli Stati Uniti hanno chiesto l’estradizione che è stata accordata dal governo inglese ma bloccata dal ricorso depositato dai legali di Assange che rischierebbe, secondo una legge del 1917, una pena di 175 anni per spionaggio ove ritenuto colpevole. Una situazione paradossale che atterrisce per la vicenda umana, rimbalzata tra corte europea, legislazioni di tre diversi stati, caso politico, scarsa informazione sulla sulla condizione della detenzione di Assange.
Il fatto di essere un uomo scomodo, di aver divulgato notizie super riservate e che ponevano in grandissima difficoltà operazioni in Afghanistan ed Iraq, fa rendere conto della condizione a dir poco disagevole, di poter esporre se stessi alle dinamiche della totale libertà di espressione.
Nel mondo occidentale e libero, in cui si parla in maniera compulsiva di diritti civili e di guerra ad invasori di stati liberi e presto “europei”, l’operato di Julian dovrebbe essere difeso, preteso e rispettato come un martire dell’informazione libera senza compromessi.
Ogni giornalista dovrebbe unirsi per ottenere una Sua liberazione immediata e repentina. Cosi non è stato, e ci fa capire tutti i limiti dei giorni nostri, le contraddizioni che spesso attanagliano media e stampa, la precarietà del settore per le nuove generazioni mai messa in discussione. Siamo in una fase di grande decadenza, ma Assange resta, anche se in catene, Uno di Noi.
Lunga vita alla stampa libera, a ciò che ne resta, ai coraggiosi divulgatori di verità senza padroni, nonostante il crepuscolo, nonostante il declino delle idee. Onore, Julian Assange.