Il 9 giugno 2022, il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi nomina il Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani come commissario straordinario per l’installazione di un rigassificatore galleggiante da posizionare all’interno del porto di Piombino; ancora oggi non è chiaro quali azioni siano state esperite sulle criticità del territorio e sulla sicurezza degli abitanti. Questi impianti in Italia sono collocati nelle province di Rovigo, La Spezia, Livorno e da questa estate a Piombino. Altri due impianti sono stati ipotizzati a Porto Empedocle e a Gioia Tauro. Sul tema rigassificatore toscano, Alternativa, è intervenuta fin dall’inizio con una interpellanza parlamentare e partecipando attivamente sia durante il dibattito sia alla manifestazione di Piombino dello scorso 11 marzo.
Oggi la discussione rimane aperta e continua a focalizzarsi sull’opportunità di aver inaugurato un impianto del genere in un’area già sede di acciaierie ed in fase di riconversione verso il settore turistico ed ittico. La discussione nasce infatti dalle tante riflessioni di cittadini, associazioni, comitati e tecnici sulla possibilità che, durante il processo che riporta il metano allo stato gassoso, vengano utilizzati agenti chimici quali l’ipoclorito di sodio ed il metabisolfito di sodio. Questi agenti potrebbero essere riversati in mare affinché non si otturino le pompe di aspirazione mentre la stessa risorsa idrica potrebbe essere reimmessa in mare a delle temperature dannose per l’ecosistema. Se così fosse, questo processo appare nettamente in contrasto con quanto previsto dalla legge 391/2001 – ratifica dell’Accordo di protezione del santuario dei cetacei “Pelagus” e con l’articolo 5 comma 4 del DL 50/2022 “aiuti” per quanto concerne il mancato rispetto da parte del Commissario nel non assolvere, nell’autorizzazione, alla valutazione dell’impatto sanitario, paesaggistico e urbanistico.
Facciamo focus sul fatto che la nave “rigassificatrice” di Piombino è lunga circa 300 metri per 40 metri di larghezza ed è stata posizionata direttamente nel porto di Piombino ed agganciata ad un tubo che dal porto si dipana nel sottosuolo per circa 8 chilometri prima di connettersi alla rete nazionale del gas. In questo contesto dobbiamo anche tenere conto del fatto che l’impianto di rigassificazione “OLT” installato a Livorno, risulta essere un impianto praticamente “gemello” rispetto a quello di Piombino ma che a differenza di quest’ultimo è stato posizionato a circa 12 miglia nautiche dalla costa per garantire i necessari margini di sicurezza in caso di malfunzionamenti o eventi critici gravi, oltre che prevedere una zona di interdizione di 3 chilometri che invece a Piombino è di soli 250 metri.
Proprio in questo contesto nasce la domanda su quali valutazioni siano state fatte circa la strategicità del sito rispetto al fabbisogno nazionale e se tutto ciò risponda ai criteri della transizione ecologica prevedendo eventuali eventi avversi per la sicurezza e la salute dei cittadini. Se come dicono, le riserve di gas italiano sono al 90% del fabbisogno, allora ci domandiamo qual’ era l’emergenza e l’urgenza di spendere milioni di euro in modo così veloce alla luce del fatto che come annunciato, il prossimo passo tra tre anni sarà il trasferimento della nave a Vado Ligure. Oggi i piombinesi sospettano che quest’ultima scelta sia dovuta alla inattività della nave che tra l’altro non ha ancora portato allo sviluppo dei posti di lavoro promessi da Snam e dal Commissario Giani. Se fosse così si tratta di un fallimento a 360° che, quando tra qualche mese verranno effettuate delle rilevazioni certe, ci auguriamo non faccia registrare lo scarico dell’ipoclorito ai danni del nostro mare e di riflesso anche nostri.
Eliana Gazzarri